Studiare un’arte marziale tradizionale richiede impegno, fatica, dedizione e sudore ma soprattutto umiltà. La mancanza del mix dei suddetti “ingredienti” fa sì che, molto semplicemente, non si ottengano i risultati e tali risultati sarebbero molteplici, come molteplici dovrebbero essere gli scopi.

Prima di tutto il benessere e il divertimento, che si possono guadagnare anche praticando uno sport da combattimento ma anche praticando fitness e sport in genere. Se entriamo però nel campo della difesa personale è impensabile credere che con un corso di pochi mesi che ha un inizio e, ahimè, anche un termine, si acquisisce e si mantiene la capacità di difendersi da svariate tipologie di aggressione fisica. Guadagnare un istinto all’aggressività non solo non è uno scopo delle arti marziali ma non è neanche sufficiente a garantire ad un praticante la capacità di reazione al pericolo. Occorrono altre doti: velocità, tempismo, comprensione dei principi, tecnica fondamentale (per far sì che una reazione sia efficace e che non danneggi l’aggredito anziché l’aggressore) e una consapevolezza del proprio istinto, mente-e-corpo. Queste doti si acquisiscono con gli ingredienti che abbiamo detto sopra. Mi è capitato di assistere (guardando e provando) a lezioni, dimostrazioni e spiegazioni di svariati istruttori di sistemi di difesa personale militari e non, estrapolati ed alienati dal contesto molto più profondo dello studio delle arti marziali, come se si volesse accelerare l’apprendimento eliminando quelli che sono (per loro) orpelli inutili e quello che si vede è davvero deludente. Si vedono numerose tecniche complesse e non adatte a qualsiasi tipologia di struttura fisica, di mole, di età e di sesso… Ma soprattutto tecniche che, isolate dal faticoso studio dei principi, perdono di efficacia: calci lenti e senza equilibrio, pugni che danneggerebbero mani e polsi di chi li scaglia, posizioni scoperte e precarie, lentezza, tecniche isolate dalle altre variabili (contrattacchi) che le renderebbero totalmente inutili.

Molto spesso, difatti, gli istruttori e le associazioni o federazioni che li formano non accettano e non permettono scambi di opinioni ed allenamenti con scuole di arti marziali (qualsiasi) proprio perché, “contro” un praticante minimamente preparato e soprattutto volenteroso e dedito allo studio, quelle tecniche manifesterebbero da sé la loro mancanza di senso logico e… rivelare le falle nelle fondamenta fa perdere molti soldi (a buon intenditor…).
La mancanza di umiltà e di confronto è ciò che mette a rischio il praticante di questi sistemi di difesa breve: è molto pericolosa la convinzione di sentirsi in grado di reagire a pericolosi attacchi (talvolta anche a mano armata!).
Praticando queste discipline si ottiene, secondo esperienza, più esaltazione che calma, più superbia che umiltà.


Lo studio delle forme è una parte fondamentale per la crescita in un’arte marziale e non si può ritenere che sia sulerfluo. L’espressione cinese Kung Fu vuol dire “il risultato sublime di un duro lavoro”…

Praticare e studiare con dedizione un’arte marziale tradizionale come il Wing Chun Kung Fu migliora l’uomo in ogni aspetto della vita, dai rapporti personali alla lucidità nell’affrontare i problemi della quotidianità e quelli più impegnativi, dal benessere generale al miglioramento della salute, dalla pace all’armonia… ed anche la capacità reale di difendersi rapidamente (anche se fortunatamente le aggressioni non ci aspettano ogni giorno dietro l’angolo appena usciamo di casa).
Umiltà è prima di tutto non sentirsi la capacità e il diritto di estrapolare da un’arte con radici millenarie solo ciò che si ritiene utile e indispensabile, quando in realtà si è ciechi anche ad un palmo del proprio naso.

di Fabrizio Latini